Il batik a Giava
Diffuso sull’isola in modo fiorente già nel XVII secolo secondo lo studioso R.P. Rouffaer vi fu introdotto nel V secolo da mercanti provenienti da Ceylon e dal sud dell’India. La sua storia è strettamente legata allo sviluppo della vita sociale, economica, religiosa sull’isola. Inizialmente riservato alle donne nobili, da privilegio aristocratico divenne costume nazionale, diffuso in tutto l’arcipelago indonesiano. Diventa il linguaggio attraverso cui si esprime la filosofia giavanese, fortemente simbolica, che ispira tutta la vita anche nei più piccoli particolari. Viene usato come mezzo di comunicazione, negli abiti con disegni, colori e fogge specifiche per ogni uso, classe o rango. I tessuti batik sono presenti, con forti valenze simboliche, nei riti e nei momenti salienti come: il matrimonio, la circoncisione, la malattia, la procreazione. Eseguito a mano come pezzo unico chiamato tulis diviene di maggior diffusione all’inizio del XIX secolo con l’invenzione del tjap stampo costruito con sottili lamelle di rame che immerso nella cera permette di riportare una porzione del disegno sul tessuto. Caratteristica del batik indonesiano è quella di essere cerato su entrambi i lati, non ha quindi un diritto, se impreziosito con foglia d’oro prende il nome di Prada.
Non si conosce il momento della scoperta delle tecniche di tintura a riserva, che probabilmente nascono da errori casuali nella tintura dei tessuti, dove macchie di grasso o di cera impediscono al colore del bagno di tintura di penetrare o in quella delle matasse dove i lacci legati troppo stretti lasciano delle righe non tinte sul filato. I primi ritrovamenti di frammenti di lino provengono dall’Egitto e risalgono al IV secolo, sono bende per le mummie che venivano imbevute di cera poi graffiata con uno stilo appuntito, tinte con una mistura di sangue e cenere venivano lavate con acqua calda per eliminare la cera. In Asia questa tecnica era praticata in Cina durante la dinastia T’ang (618-907), in India e in Giappone nel periodo Nara (645-794). In Africa era originariamente praticato dalle tribù Yoruba in Nigeria, Soninke e Wolof in Senegal. Strettamente legato in Indonesia all’uso in cerimonie rituali con altre tecniche a riserva come l’ikat e il Plangi (Giava, Bali), ha raggiunto grande raffinatezza tecnica ed elaborato una complessa iconografia. In Europa la tecnica viene descritta per la prima volta nella Storia di Giava pubblicata a Londra nel 1817 da Sir Thomas Stamford che fu governatore dell’isola. Nel 1873 il mercante olandese Van Rijekevorsel fa dono dei pezzi da lui raccolti in un viaggio in Indonesia al museo etnografico di Rotterdam. Esposto all’esposizione universale di Parigi del 1900 il batik indonesiano riscuote successo presso il pubblico e comincia ad influenzare il gusto degli artisti. Resiste come oggetto d’artigianato alla globalizzazione e all’industrializzazione che ha introdotto, imitando attraverso tecniche automatizzate di stampa, i disegni e le caratteristiche estetiche proprie della sua lavorazione manuale.
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